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Circolo d'immaginazione

Il bollettino di City e le varie fanzine degli anni '80 hanno pubblicato spesso interventi e schede di film di sf; film che hanno avuto un peso significativo sia per il genere che per il mondo del cinema. In questa sezione vogliamo riproporre quelle che a nostro avviso possono avere una rilevanza dal punto vista storico e culturale.


Articolo riproposto da:
Fanzine periodica bimestrale, anno II, febbraio 1983, n° 9.


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Scheda filmografica

Poltergeist - Demoniache presenze
Poltergeist
USA, 1982.

     

Poltergeist
Demoniache presenze

 

di Roberto Milan

Quella horror è indubbiamente una delle più classiche espressioni della cinematografia di tutti i tempi. Opere mitiche appartenenti a questo genere hanno caratterizzato i primordi del cinema fantastico, contribuendo ad introdurre tematiche divenute basilari.
Il filone horror, fondato sugli ancestrali timori che da sempre assillano l’uomo e che possono essere riassunti come “la paura verso ciò che è ignoto” , si è evoluto, mantenendo praticamente inalterati i suoi assiomi principali, ma è stato talvolta “inquinato” da elementi esterni che, limitandone l’autonomia, l’hanno condannato ad una degradazione del tutto immeritata.
È sintomatico l’esteso proliferare di pellicole spacciate per espressioni orrori fiche ma che, a parte rari accenni nella trama, risultano completamente estranee al genere, rivelandosi, in ultima analisi, un insieme confuso di effetti di dubbio gusto, in cui l’elemento predominante è il sangue. Tutto ciò nasce dall’errata concezione del genere horror, considerato troppo spesso come un continuo, e spesso sconclusionato, avvicendarsi di situazioni scabrose e raccapriccianti.
Non è l’incessante “martellamento” di particolari sadici lo scopo di questa espressione innanzitutto letteraria (Edgar Allan Poe, H.P. Lovecraft, per citare alcuni esempi) e poi cinematografica, bensì la creazione di una atmosfera grottesca dove la tensione nervosa regna sovrana.
Sono le pause, le inquadrature adatte, le attese che fanno “grande” un film dell’orrore, non la “sfilata” di rivoltanti brutalità che non hanno generalmente nulla a che fare con le tematiche fantastiche.
Tali “grandi” pellicole sono state per diverso tempo appannaggio del cinema inglese e si sono articolate e sviluppate in un periodo piuttosto ampio che va dagli anni Trenta agli anni Sessanta compresi. Sono essenzialmente gli anni Settanta che hanno visto l’avvento di quelle nuove componenti dequalificanti a cui, ormai, quasi nessun film rinuncia.
Esiste naturalmente qualche eccezione.
Degli esempi sono “Shining” di Kubrick, oppure “La notte dei morti viventi” di Romero, e affiancata ad essi si è da poco evidenziata una nuova opera “Poltergeist” ovvero “Demoniache presenze”.
Un risultato positivo era da prevedersi a causa del binomio Spielberg-Hooper che ha realizzato la pellicola, ma la realtà supera di molto le aspettative.
Il film non presenta tematiche molto differenti da quelle divenute ormai classiche, ma ricupera appieno la loro primitiva essenza, accomunando una ricerca accurata dell’immagine ad un insieme di sensazioni capaci di penetrare nell’animo dello spettatore.
La paura nasce spontanea, non deve essere forzata da macabri trucchi. La vicenda mantiene la propria carica di suspense dall’inizio alla fine, accentuandola in alcuni punti grazie all’ausilio di sequenze eccezionali, brillantemente concepite dalla regia di Hooper.
Quest’ultima è forse la componente che più ha inciso sul successo dell’opera. D’altra parte Tobe Hooper aveva già avuto modo di farsi apprezzare tramite pellicole come “Non aprite quella porta”, “Il tunnel dell’orrore” e “Le notti di Salem”, che avevano evidenziato chiaramente la sua impostazione orientata verso un horror più puro, diciamo pure più tradizionale. Tutto è teso ad accentuare il senso di mistero e di attesa che pervade il film. Mistero che si cela , ad esempio, dietro la conversazione che all’inizio la bambina della famiglia protagonista ha con la presenza sconosciuta nascosta dietro lo schermo televisivo, che si insinua nelle successive manifestazioni dell’essenza spiritica.
Attesa che si concretizza con indovinate “trovate”, riuscendo a rendere partecipe lo spettatore delle paure che assalgono i personaggi.
Le presenze non appaiono mai visibilmente, ma vengono percepite tramite le loro manifestazioni, e tutto ciò non può che accentuare il sense of wonder che permea l’opera.
A questo si aggiunge l’ambientazione della vicenda.
Una tipica famiglia statunitense che riassume in sé tutti gli aspetti del mondo occidentale e che quindi coinvolge tutti noi nella sua esperienza straordinaria. La normale calma che la circonda viene improvvisamente spezzata da un insieme di fenomeni che non si concludono con l’apparizione di un “mostro” definito (soluzione invero poco credibile), ma conservano un’impronta di realismo in grado di aumentare i timori ispirati dal film e comunque da sempre insiti nell’animo umano, seppur talvolta a livello quasi impalpabile.
Il soggetto e la sceneggiatura sono di Steven Spielberg, il celebre regista di “Incontri ravvicinati del terzo tipo” (tanto per citare uno dei suoi numerosi film di successo) e del recente “E.T”, che, dopo aver indirizzato la propria attenzione ad una pellicola chiaramente studiata per riscuotere un notevole consenso popolare (eccesso di commercializzazione), in questa stagione cinematografica, ha sfruttato interamente il proprio estro creativo regalandoci un’altra opera, forse più completa ed originale. Originale non tanto per le tematiche, ma per il modo con cui le stesse vengono affrontate e proposte.
La trama non può essere raccontata, ma deve venire “vissuta”.
Per introdurre nel contesto della vicenda diciamo solo che si tratta dell’inquietante manifestazione di “demoniache presenze” capace di terrorizzare l’esistenza di una tranquilla famiglia americana. Una sera, terminati i programmi televisivi, la bambina di questa famiglia inizia a conversare con una presenza insediatasi nel televisore. È da quel momento che iniziano le traversie del piccolo nucleo familiare.
Buono il livello di recitazione e particolarmente incisiva la figura della bambina, resa alla perfezione da un’interpretazione molto spontanea. Curate le scenografie, valorizzate in special modo, da alcuni effetti di luce molto interessanti (suggestivi i “giochi” di ombre ripetuti in alcune parti del film).
“Poltergeist” ha il grande merito di riuscire a rievocare ancestrali sensazioni, introducendo lo spettatore in una convincente atmosfera horror, in un clima di tensione nervosa, in un turbinare di emozioni in cui l’elemento fantastico si amalgama a quello reale.