I banditi del tempo |
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di Roberto Milan
Uno straordinario viaggio in epoche passate e future, una sottile e delicata storia capace di destreggiarsi bene fra azione avventurosa e concetti più impegnati, una favola in chiave fantascientifica che, rimanendo fedele agli archetipi del fantasy, privilegia soprattutto la dimensione umana, condannando di conseguenza l’attuale periodo moderno in cui la tecnologia e società consumistica intaccano l’essenza dell’uomo, costringendolo ad una vita infelice.
Tutto questo è “I banditi del tempo”, questi sono la storia e i messaggi che il film vuole comunicare.
Un’opera che si basa essenzialmente sull’impatto con lo spettatore, cercando di accattivarsene la simpatia e di risvegliare in lui quel senso del meraviglioso e del fantastico, desideroso di manifestarsi, che giace assopito nel profondo dell’animo.
Il viaggio del bambino, protagonista e filo conduttore della pellicola, e dei suoi accompagnatori (sei scaltri nani) attraverso buchi spazio/temporali, dà l’occasione agli artefici del film di presentare i propri messaggi velandoli sotto un’azione avvincente e serrata, evitando così che possano diventare eccessivamente retorici, anzi, riuscendo a renderli ancora più diretti grazie all’ironia sottile che si ripropone in vari punti dell’opera.
Il livello qualitativo del film è molto elevato in quanto la trama, già di per sé interessante, è confortata dalla buona regia di Gilliam e da effetti speciali curati ed originali. La parte tecnica ha quindi un’importanza preponderante per la buona riuscita del film, ma ad essa si affiancano elementi altrettanto determinanti, ad iniziare dalla colonna sonora ad opera dell’ex Beatles George Harrison, autore di una prestazione capace di ben adattarsi alla pellicola, sia per ciò che concerne i singoli avvenimenti (sottolineatura delle scene più salienti), sia per quanto riguarda la globalità del film.
Degna di nota anche l’interpretazione di un cast in grado di annoverare fra le proprie fila Sean Connery (“Zardoz” e “Atmosfera zero”), Shelley Duvall, John Cleese e Ian Holm, tutti capaci di assolvere con abilità il proprio ruolo.
In definitiva una pellicola che si colloca a metà tra fantascienza e fantasy, riproponendo il tema del viaggio nel tempo come mezzo per la creazione di mondi e atmosfere fantastiche; ed il risultato non è soltanto un film di evasione, ma un’opera , tutto sommato velata da una certa malinconia, che mette sul tappeto tutta una serie di problemi esistenziali ben definiti, in una costante lotta fra fantasia e fredda ragione, fra l’uomo (i suoi sogni, le sue speranze) e quella che, invece, è la sua reale condizione.